
L’anoressia è un disturbo alimentare che interessa tipicamente il sesso femminile dopo la pubertà, con due picchi a 15 e 18 anni.
Se ancora non l’avessi fatto, ti consigliamo di leggere l’articolo sui disturbi alimentari per avere un’infarinatura sull’argomento.
Per quelli come te, invece, che vogliono sapere di più cominciano dal nome anoressia.
Che cos’è l’anoressia? (significato e definizione)
Anoressia significa “mancanza di appetito” (dal greco: il prefisso privativo ἀ- precede il lemma ὄρεξις, appetito).
Ma la mancanza di appetito è precisamente ciò che non caratterizza l’anoressia.
L’anoressica, infatti, rifiuta il cibo perché non vuole, e in un certo senso non può, alimentarsi. Certamente non perché non avverta lo stimolo della fame. Ciò che spinge chi soffre di anoressia non solo a digiunare, o quasi, ma anche a praticare un’attività fisica eccessiva rispetto alle calorie che ingerisce è la paura di ingrassare.
Come ha affermato Selvini Palazzoli, già nel lontano 1963, quando l’anoressia era ancora assai poco frequente:
“A differenza che in altre malattie mentali (…) nell’anoressia il cibo in sé permane come cosa amabile, desiderabile, interessante, importante, continuamente presente allo spirito. Esso non è mai ‘veleno in sé’(…). E’ l’atto del cibarsi che è diventato pericoloso e angoscioso, l’atto del nutrirsi. Nessuna azione, neppure un delitto, assume per l’anoressica un significato di auto-degradazione e sconfitta quanto il satollarsi. Questo è divenuto sinonimo di degradazione e caduta”
L’esordio dell’anoressia: quali sono i sintomi?
L’esordio dell’anoressia può essere vario. Da una dieta iniziata per perdere qualche chilo viene eliminato gradualmente un alimento dopo l’altro. Le sollecitazioni dei genitori perché la ragazza riprenda un’alimentazione ragionevole cadono nel vuoto: c’è sempre un ultimo chilo da perdere ancora. Possono passare dei mesi prima che il peso della ragazza scenda sotto una soglia di allarme.
1. Anoressia e sintomi fisici
Spesso è l’insorgenza dell’amenorrea a rendere inequivocabile il fatto che la perdita di peso ha superato il limite.
All’opposto, l’anoressia può iniziare improvvisamente come una specie di sciopero della fame (e qualche volta perfino della sete) con un declino rapido sul piano fisico. Oppure l’aumento dell’attività fisica è più evidente della restrizione alimentare. E’ quanto accade specialmente nelle ragazze che praticano uno sport agonistico che impone rigide norme dietetiche o dove le performances sono favorite da un fisico di tipo infantile (come la ginnastica artistica).
Tuttavia familiari ed amici a un certo punto si rendono conto che l’attività fisica è diventata invasiva: sembra essere l’unico interesse della ragazza, o quasi.
2. Anoressia e sintomi psicologici
L’umore all’inizio non risente della restrizione alimentare: anzi, spesso, più la ragazza perde peso, più dichiara di sentirsi bene.
Tuttavia, l’interesse per le relazioni sociali diminuisce o si estingue del tutto. Questo perché la socialità è spesso connessa alla convivialità. Quindi, la ragazza sfugge a tutte le occasioni che possono indurla a mangiare. Il focus attorno a cui ruota l’attività mentale della ragazza è il controllo del cibo, tutto il resto diventa secondario.
Anoressia: quali sono le cause?
Meno facile è soddisfare la tua curiosità sulle cause dell’anoressia.
1. L’anoressia nel mondo della moda (l’esempio negativo delle modelle)
L’ideale estetico della magrezza, incarnato dalle soventi meno eteree che scheletriche indossatrici è stato messo sul banco degli imputati.
È certamente vero che il modello ideale di bellezza privilegia oggi la magrezza e che l’adolescente è particolarmente sensibile e ansiosa rispetto alle trasformazioni del proprio corpo, ma sarebbe riduttivo sovrastimare questo aspetto.
L’anoressica non è una ragazza frivola che pensa solo alla linea e all’aspetto esteriore (che certamente il digiuno estremo non migliora).
2. Cause biologiche, psicologiche e sociali
La tendenza attuale della psichiatria propende per una etiologia multifattoriale, bio-psico-sociale, in cui non viene assegnata una priorità ad una componente rispetto alle altre.
La posizione della maggioranza degli psicoterapeuti e della EIST è di riconoscere alla componente psicologica un ruolo etiologico predominante.
Per noi l’anoressia è un problema psicologico.

Inoltre, come Hilde Bruch, Mara Selvini Palazzoli, Salvator Minuchin – i pionieri dello studio e della terapia dell’anoressia – e gli altri psicoterapeuti che più hanno contribuito a farci capire questo disturbo e come curarlo, la EIST considera l’anoressia e le altre forme di disturbo alimentare collegate come parte di una stessa famiglia di disturbi: i Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP).
Sebbene anoressia e obesità, ad esempio, siano opposte, hanno molto in comune come suggerisce la frequente compresenza nella stessa famiglia di entrambi i disturbi.
Anoressia nervosa o mentale (definizione, cause psicologiche e sintomi)
Proprio per l’origine psicologica dell’anoressia, essa viene spesso definita nervosa o mentale.
Rispondere alla domanda sulle cause dell’anoressia equivale allora a cercare di individuare i perché del digiuno.
1. L’anoressia e le pratiche ascetiche
Le prime descrizioni dell’anoressia come entità morbosa risalgono alla fine del XIX secolo.
Tuttavia, c’è chi ha notato che l’anoressia risale al medioevo. Alcune sante del medioevo, se considerate dal punto di vista psichiatrico d’oggi, soddisfano pienamente i criteri diagnostici per l’anoressia.
Nel medioevo cristiano il digiuno faceva parte di pratiche ascetiche volte a elevare lo spirito liberandolo dalla prigione del corpo e dai desideri della carne. Il digiuno o regole dietetiche restrittive sono parte di tutte le pratiche ascetiche, presso culture anche molto diverse tra loro.
Ciò che differenzia le “sante anoressiche” del medioevo dalle malate di anoressia sono i motivi alla base del digiuno oltre al modo in cui il contesto culturale considera questa condizione.
Anche se non si può dire certo che le anoressiche digiunino per questo motivo, certamente il desiderio di elevarsi intellettualmente e spiritualmente non è loro estraneo.
Come probabilmente saprai, il rendimento scolastico delle anoressiche è di solito ben al di sopra della norma e, prima dell’insorgenza dei sintomi alimentari, incarnavano spesso un certo modello di figlia ideale.
2. L’anoressia e il ruolo delle relazioni familiari e interpersonali
Un altro tipo di digiuno ben noto è il digiuno per protesta.
Protesta tipicamente non violenta, che getta il biasimo su qualcuno, sottolineando la propria superiorità morale.
I digiuni di Gandhi avevano un potente effetto proprio perché il destinatario – l’Impero britannico – si proponeva e giustificava il proprio dominio in quanto portatore di civiltà, come i lettori di Kipling sanno.
Protesta e accuse non dichiarate sono presenti anche nell’anoressia. Per molto tempo la principale, se non la sola imputata di questa tacita accusa, anche da parte degli psicoterapeuti, è stata individuata nella madre dell’anoressica.
Molti Autori hanno sottolineato la presenza fra madre e figlia di una sorda lotta dove il controllo delle calorie è il terreno dove si combatte una battaglia che ha altre motivazioni, mai dichiarate.
Per la verità il padre, e di regola fratelli e sorelle, sono oggetto di analoghe battaglie, dove la volontà di vincere la battaglia contro la fame diventa tutt’uno con la volontà di vincere la battaglia prima di tutto contro di loro.
Se ogni benevola sollecitazione dei familiari affinché la figlia si nutra in modo più ragionevole è inutile, non lo è di meno far presente ai familiari che le loro assillanti ed esagerate pressioni perché la figlia mangi un boccone in più sono inutili e controproducenti.
In questa lotta, ogni sotterfugio è lecito da una parte per inserire di nascosto nei cibi della ragazza qualche caloria in più e dall’altra per sventare l’inganno o smaltire con ginnastica supplementare, o altri mezzi, quello che è forzata a ingerire o sospetta di esserlo stata.
Anoressia: confronto competitivo e ipercriticismo nelle relazioni familiari
L’ambizione di primeggiare, così evidente in chi soffre di anoressia, non nasce dal nulla. Il confronto competitivo con gli altri e l’ipercriticismo sono spesso un valore e un atteggiamento condivisi in famiglia come messo in evidenza soprattutto da Selvini Palazzoli (1963, 1981) e Ugazio (1998,2012,2018) .Spesso sono proprio entrambi i genitori o uno di loro a portare avanti con i fatti e con le parole l’importanza della competizione per il successo e l’immagine sociale. La competizione non è esercitata soltanto all’esterno della famiglia, ma anche all’interno.
“La lotta per la definizione della relazione – afferma Ugazio (1998) – è argomento costante della conversazione delle famiglie dove si sviluppa l’anoressia. L’oggetto del contendere, i «contenuti» del conflitto sono di regola irrilevanti, mentre chi abbia la supremazia (one- upmanship) è ciò che conta” E ancora “il confronto, con i criteri di riuscita e i conflitti competitivi che ne conseguono, guida nelle famiglie in cui si sviluppa l’anoressia sia le relazioni interne al nucleo, sia quelle con la parentela”.
Molto spesso, più o meno copertamente, uno dei genitori considera l’altro inferiore intellettualmente e/o socialmente. Questioni di superiorità o inferiorità riguardano tutte le differenze fra i coniugi e fra i membri della famiglia.
Per questo tutte le differenze sono bramate ma anche temute:
“Poiché ogni definizione di sé è connotata in termini di più e di meno e dà luogo a una superiorità o a un’inferiorità rispetto agli altri, le differenze sono immediatamente colte, ma temute, negate, osteggiate, spesso ritenute illegittime. Le differenze non sono infatti al servizio della cooperazione. Al contrario, servono all’affermazione della propria superiorità di contro agli altri membri del nucleo, alla prevaricazione, o sono un indizio del proprio scacco, della propria disfatta. Per questo in queste famiglie la differenziazione individuale è ostacolata” (Ugazio 1998)
La figlia anoressica è tipicamente superiore ai fratelli e sorelle in tutte le prestazioni, in particolare scolastiche. Anche l’attenzione alla dieta, al peso e in generale all’alimentazione ha spesso un ruolo importante in famiglia e precede l’insorgenza dell’anoressia nella paziente.
Non sono rare le famiglie che gestiscono ristoranti, pasticcerie o rivendite di generi alimentari, oppure in cui vi è una tendenza al sovrappeso nel padre o sorella e madre sono in perenne lotta con le diete per mantenere la linea.
Perché l’anoressia si sviluppa di solito nell’adolescenza?
Anche il fatto che l’anoressia tipica insorga dopo la pubertà non avviene a caso. La tendenza a competere della futura anoressica, acquisita in una famiglia dove i confronti competitivi sono sempre presenti, fintanto che è una bambina sarà circoscritta ai fratelli e ai coetanei. Non gli mancheranno conferme e apprezzamenti da parte del genitore preferito e degli altri adulti del proprio gruppo familiare: un bambino, per quanto attraente e brillante, difficilmente viene percepito come minacciante dagli adulti.
Con l’adolescenza in queste famiglie dove prevale quella che Ugazio (1998; 2012,2018) definisce la “semantica del potere” un equilibrio si rompe. Le future anoressiche crescendo si trovano, quasi inevitabilmente a competere con i genitori e con gli altri adulti della famiglia, semplicemente perché competere è una loro modalità caratteristica di interagire.
Il confronto può riguardare la bellezza, l’eleganza, l’intelligenza, le capacità sportive.Poco conta quale sia il terreno su cui misurarsi, quel che importa è chi ha la meglio. Per la verità non sono solo le future anoressiche ad essere competitive verso fratelli e sorelle e verso i genitori. Con il sopraggiungere dell’adolescenza, anche i genitori si sentono minacciati dai figli.
Si tratta di genitori che generalmente si propongono ai figli come modelli. Spesso frustrati da un partner poco gratificante e da genitori avari di conferme trovano gratificazioni nella rilevanza e nelle gratificazioni che i figli attribuiscono loro.
Soffrono, quindi, quando si accorgono dell’importanza che ora assumono per i loro figli insegnanti, allenatori sportivi, genitori di loro fidanzati o amici. Si risentono e spesso si offendono quando l’adolescente si entusiasma per idee, forme di comportamento, svaghi, letture, interessi diversi dai loro che la ragazza apprende attraverso frequentazioni autonome. Tutti questi comportamenti deludono, come ha messo in evidenza Guidano (1987) la futura anoressica e contribuiscono all’esordio dell’anoressia.
Storie di anoressia: testimonianze ed esperienze reali
Due brevi cenni a due casi di anoressia ti aiuteranno a farti un’idea delle dinamiche di queste famiglie.
1. Il caso di Sabina, una diciassettenne anoressica tra carnivori e vegetariani
Bracci di ferro, teste che devono chinarsi, conflitti e confronti competitivi occupano la scena non appena entriamo in contatto con la famiglia di Sabina, una diciassettenne anoressica, figlia unica di genitori che più diversi non potrebbero essere.
Il padre è un bell’uomo, robusto, che lavora nell’azienda agricola familiare, carnivoro come tutti i suoi fratelli con cui si trovano spesso per pranzi in cui non mancano mai costate, prosciutti e cotechini.
La madre, una forbita avvocatessa, è vegetariana e così minuta e magra, da sembrare incorporea .
“E’ da tre anni che volevo telefonarvi, perché ho capito subito che si trattava di anoressia” – afferma la madre nella telefonata che precede il primo incontro – “ma ho aspettato che Sabina abbassasse la testa e riconoscesse di avere un problema , altrimenti che senso ha fare una terapia?”.
Stiamo ancora raccogliendo le informazioni durante la prima seduta quando Sabina scoppia a piangere.
La ragazza si lamenta: a differenza di sua cugina, non è intelligente. Ottiene bei voti perché si ammazza dallo studiare e finirà come sua zia, a cui vuole un grande bene – è la sua seconda madre – ma è una semplice impiegata comunale, a differenza di sua madre che è intelligente ed ha una professione prestigiosa.
Ma perché mai tanta disperazione visto che Sabina ha risultati scolastici brillanti?
Per il papà queste sofferenze sono la conseguenza della brutta abitudine di sua moglie – non menziona la colpevole, ma lo sguardo non lascia dubbi – di fare confronti.
Per la madre, invece, il problema è che la figlia non si sente alla sua altezza. Sabina soffre, secondo lei, perché non è naturalmente portata allo studio come invece lei è sempre stata. Sabina deve fare inoltre strenue battaglie con il cibo perché non è biologicamente magra come lei, che da quando è nata non ha mai mostrato interesse per il cibo.
In questa famiglia la madre è in posizione vincente, mentre il padre è in posizione di inferiorità.
2. Il caso di Gioia, una ragazzina anoressica di 15 anni con genitori che lottano strenuamente per collocarsi tra i “vincenti”
In altre famiglie prevalgono configurazioni diverse dove i vincenti non sono né madre, né padre ma si trovano nella famiglia estesa del padre.
Il padre di Gioia, una ragazzina di 15 anni, è primario medico in un ospedale di una cittadina di provincia. Da sempre in competizione con i due fratelli, è tuttavia il meno affermato nella professione che li accomuna. Nella visione del clan familiare, chi pratica la medicina occupa il vertice della specie umana.
La moglie conserva tracce di una bellezza che la mitologia familiare ritiene leggendaria. Di estrazione sociale inferiore al marito, pur lavorando e mettendo al mondo tre figli, è riuscita, grazie alla sua determinazione, persino a laurearsi in età matura per essere all’altezza del marito e del clan di quest’ultimo. Ma questo non le è servito a guadagnare né la stima della famiglia del marito né la fedeltà di quest’ultimo.
In famiglia tutti sanno – anche se tutti fingono di non sapere – che il padre tradisce regolarmente la moglie, forse per ristabilire una superiorità minacciata proprio dai tentativi di ascesa culturale della donna.
Gioia è l’ultima nata dei tre. Quando era piccola e la primogenita Serena era già quasi adolescente, la madre era impegnata per il conseguimento della sua laurea che purtroppo non le ha permesso di guadagnare una posizione superiore in famiglia.
Serena è stata la persona che l’ha sostituita in gran parte nell’accudimento di Gioia. L’anoressia insorge quando la sorella maggiore, che era sempre stata abbastanza generosa di conferme verso Gioia e che vantava successi accademici degni degli zii, si prepara a trasferirsi a Milano per una specializzazione e per convivere con il fidanzato. Gioia si trova a tu per tu con una madre e un padre, di certo non particolarmente apprezzati perché visti con gli occhi della sorella e tanto più competitivi perché frustrati.
Non devi pensare ovviamente che tutte le ragazze anoressiche e le loro famiglie siano come quella di Sabina o di Gioia. Le varianti sono nella realtà clinica più numerose dei casi tipici e in progressivo, continuo aumento. Descrivere casi esemplificativi prototipici ha però il vantaggio di proporre un quadro ideale che, pur ammettendo innumerevoli varianti, offre un quadro unitario non tanto dal punto di vista descrittivo quanto del significato dei sintomi e delle ragioni coinvolte nella loro genesi.
Anoressia: alcuni libri che ti consigliamo di leggere
Se vuoi sapere qualcosa di più sulla dinamica familiare connessa allo sviluppo dell’anoressia ti consigliamo di leggere:

1. Mara Selvini Palazzoli: L’anoressia Mentale. Dalla terapia individuale alla terapia familiare. Milano: Cortina, 2006
La prima edizione del libro, pubblicata da Feltrinelli, è del 1963. La seconda edizione, del 1981, rivista, contiene il passaggio di Mara Selvini Palazzoli da un approccio psicoanalitico a quello sistemico e i risultati di una ricerca pionieristica su 12 famiglie con una figlia anoressica i cui risultati individuano caratteristiche di queste famiglie a tutt’oggi condivisibili. Ti consigliamo di leggere, soprattutto, la quarta parte che testimonia il passaggio alla terapia familiare, ma non dimenticare la seconda parte che, sebbene formulata entro un paradigma psicoanalitico lo supera per molti aspetti ed è del massimo interesse.

2. Salvator Minuchin, Bernice L. Rosman & Lester Baker (1978 edizione originale) Le famigie psicosomatiche, Astrolabio 1980
Il testo è un po’ datato, ma il terzo capitolo vale la pena di leggerlo, te lo consigliamo, così come alcuni altri capitoli sulla terapia, ma di questo parleremo in un altro articolo.

3. Valeria Ugazio, Storie permesse, storie proibite, Bollati Boringhieri, prima edizione 1998, seconda edizione rivista e ampliata 2012, terza edizione 2018.
Il quinto capitolo è dedicato all’anoressia.
Eist: centro specializzato per la cura dell’anoressia a Milano
La psicoterapia sistemico relazionale può giocare un ruolo fondamentale nel superare conflitti e competizioni in ambito familiare e interpersonale che sono alla base dell’esordio dell’anoressia.
La EIST dalla sua fondazione non solo fa psicoterapia con le persone con anoressia ma svolge attività di ricerca su questo disturbo.
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